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Channel: CINEMAFRICA | Africa e diaspore nel cinema
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Premio Rossellini a Ahmed Hafiene

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Ad Ahmed Hafiene sarà consegnato il Premio Speciale Roberto Rossellini@Maiori, che l'Associazione Maiori Film Festival consegna nell'ambito di Incostieraamalfitana.it Festa del Libro in Mediterraneo.
L'attore tunisino ha conquistato il pubblico italiano nel film che lo ha lanciato, La giusta distanza (2007) di Carlo Mazzacurati, con cui è candidato al David di Donatello come miglior attore non protagonista.
Dopo aver recitato in alcuni tra i più importanti film tunisini del nuovo millennio, viene chiamato a lavorare in Italia, dove debutta in Chiara e Francesco (2007) di Fabrizio Costa, seguito dal drammatico La straniera (2009) di Marco Turco. Con Ennio Fantastichini e Paolo Briguglia recita nel poliziesco La cosa giusta (2009). Lo vediamo poi nel 2010 nell'intenso Io sono con te di Guido Chiesa e in Scontro di civiltà per un ascensore a Piazza Vittorio (2010), tratto dall'omonimo romanzo di Amara Lakhous. Nel 2013 è invece nel cast del film Studio illegale di Umberto Carteni.
La cerimonia di consegna è il prossimo 16 giugno.

[Maria Coletti]


FCAAAL 2015: il programma del 4 maggio

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Il Festival del Cinema Africano, d'Asia e America Latina di Milano apre ufficialmente stasera la sua 25ª edizione con la serata inaugurale e la proiezione speciale di Taxi Teheran di Jafar Panahi (Iran, 82' – Farsi con sott. eng e Ita / FL), anteprima italiana del film vincitore dell'Orso d'Oro alla Berlinale 2015.

Il film verrà proiettato alla presenza di Simona Malagoli – Direttrice Generale di CINEMA di Valerio De Paolis, che distribuisce in Italia il film.

Prima della proeizione, avrà luogo una performance di arte vocale con canti sufi e video dell'artista polivalente tunisino Ahmed Ben Dhiab.

[Maria Coletti]

FCAAAL 2015: il programma del 5 maggio

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Daremo conto, giorno per giorno, dei titoli più interessanti di cineasti africani o afrodiscendenti o di proiezioni che hanno a che fare con l'Africa e le diaspore africane in Italia e nel mondo.

I film di martedì 5 maggio

Spazio Oberdan, ore 21
L'homme au chien di/by Kamal Lazraq
Marocco/Francia, 26' – Arabo con sott. eng e Ita / CC
Youssef vive una vita appartata ai margini di uno slum di Casablanca con il suo unico e inseparabile amico, il cane Chagadai. Una sera, in spiaggia, il cane scompare. Youssef non si dà pace e per ritrovarlo si fa aiutare da un ragazzo del ghetto avventurandosi nel mondo pericoloso e spietato dei combattimenti tra cani.

Auditorium San Fedele

ore 15.30
L'oeil du cyclone di/by Sékou Traoré
Burkina Faso, 120' – Francese con sott. eng e Ita / FL
Emma, avvocatessa di successo, accetta una causa già persa, la difesa di un ribelle, bambino soldato divenuto ormai adulto, che si è macchiato di crimini efferati. Le autorità vogliono giustiziarlo e si sta preparando un falso processo. Emma non si ferma davanti alle apparenze e vuole conoscere di più sulla vita di quell'uomo e sui crimini di cui si è macchiato.

ore 21.00
Excuse Me While I Disappear di/by Michael MacGarry
Sudafrica/Angola, 19' – Portoghese con sott. Ita / CC
Kilamba Kiaxi, è una nuova city costruita dai cinesi nella periferia di Luanda. Un impiegato del Comune tutti i giorni si reca a piedi nel modernissimo quartiere deserto per pulire le aiuole. Un giorno l'uomo infrange le regole e entra in uno degli imponenti edifici…

a seguire:

Le Challat de Tunis di/by Kaouther Ben Hania
Tunisia/Francia/EAU, 89' – Arabo con sott. eng e Ita / CL
Tunisi, estate 2003. Un motociclista, armato di rasoio, si aggira per le strade della città sfregiando le natiche delle donne che passeggiano. Lo chiamano Challat, “lametta”. Da un quartiere all'altro, da un caffè all'altro, circolano su di lui le storie più improbabili. Tutti ne parlano ma nessuno l'ha mai visto. Dieci anni più tardi, dopo la rivoluzione, quando la verità sembra a portata di mano, una regista testarda vuole a tutti i costi svelare il suo mistero. Con ironia e humour, il film mette in scena la leggenda metropolitana e con essa i conflitti di genere nella società tunisina.

Cinema Beltrade

ore 19.00
Gas Station di/by Alessandro Palazzi
Italia, 15' – Arabo e italiano con sott. Ita / EX / RBS
Una pompa di benzina che di notte diventa luogo di lavoro clandestino per due stranieri e punto di riferimento per i Romani. I due protagonisti, un egiziano e un marocchino, tra un cliente e l'altro si raccontano e raccontano, in modo ironico e leggero, le difficoltà della vita da immigrato immaginando insieme possibili modi per uscire dalla loro situazione precaria. L'uno è medico, più colto, religioso e riservato, l'altro più immaturo e impetuoso. L'ambientazione notturna e la scenografia dell'ambiente permettono divagazioni quasi irreali.

ore 21.00
Asmarina di/by Alan Maglio e Medhin Paolos
Italia, 69' – Italiano e Tigrino con sott. Ita / EX / RBS
La comunità eritrea/etiope è presente in Italia da almeno mezzo secolo, integrata nel tessuto cittadino in maniera socialmente e culturalmente attiva. A partire dal materiale fotografico e audiovisivo presente in archivi istituzionali e privati che costituisce la memoria collettiva della comunità e attraverso testimonianze dirette, il film raccoglie l'eredità delle storie personali e indaga le sfumature dell'identità e della migrazione. Ne risulta una narrazione corale che porta alla luce un'eredità postcoloniale fino ad oggi poco approfondita.

[Maria Coletti]

Samba

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Dopo aver sbancato ai botteghini europei e nordamericani con Quasi amici, la rodata coppia di registi francesi Olivier Nakache e Éric Toledano torna sugli schermi italiani con Samba (id.). Come la precedente, anche questa commedia insiste sui muri più e meno visibili che ostacolano le relazioni tra borghesia e proletariato in una Parigi tutt'altro che da cartolina e con toni decisamente più cupi.

Samba Cissé (Omar Sy) è un senegalese sans-papier che vive con suo zio nella periferia della capitale. Non riuscendo ad ottenere il permesso di soggiorno tenta di guadagnarsi il pane attraverso lavori alla giornata, per lo più in nero. Samba è costretto a cambiare continuamente identità per somigliare ai documenti procurati tramite il suo amico Wilson (Tahar Rahim) un algerino che si finge brasiliano per avere meno rogne. Quando decide di rivolgersi a un'associazione per tentare di sbloccare le sue pratiche viene accolto da Amelie (Charlotte Gainsbourg), manager d'una grande azienda che svolge un periodo di volontariato “terapeutico” a seguito di un burn-out per il troppo stress.

Il film trae ispirazione da Samba pour la France (in Italia è tradotto per Rizzoli), romanzo di Delphine Coulin, regista e scrittrice che ha co-sceneggiato il film insieme agli autori. Questa collaborazione ha prodotto delle situazioni estremamente realistiche che fluttuano costantemente tra ironia e dramma, attraversando una gamma insolitamente ampia dello spettro emotivo per un film tutto sommato rivolto al grande pubblico. Il tema che offre ai riflettori è quello dell'immigrazione, dei diritti negati ad un popolo di quasi invisibili, aiuto-cuochi, guardiani notturni e lavavetri disarmati e sopraffatti da un sistema che tollera e soffoca con uguale violenza.

Samba e Wilson sono lo specchio di un esercito di volti anonimi con cui gli spettatori hanno poche occasioni di identificarsi. In questo gioco di guardie e ladri sono loro gli eroi con cui simpatizziamo e per i quali speriamo in un happy ending. Amelie, che incarna il resto della borghesia francese, ci appare persa, indecisa e quasi inconscia dei propri privilegi e del proprio benessere. Un ritratto poco confortante che riassume molto bene i punti dolenti della società francese e soprattutto parigina. La frattura del tessuto sociale francese è il nocciolo narrativo dei film di Nakache e Toledano che ne offrono una visione classista e fallimentare: un paese che sembra aver rinunciato al sogno di una repubblica fondata su libertà, uguaglianza e fraternità.

Gli autori non esitano a dichiarare espressamente il loro gusto per questa società dei margini: “Questa storia ci offriva l'occasione di mostrare dei mondi ai quali il cinema francese si è finora interessato poco: le impalcature, i cantieri, i centri di smistamento, le stanze sul retro delle cucine, e immagini dei giovani sui marciapiedi dei binari di Aubervilliers, che alle cinque del mattino aspettano di essere chiamati a lavorare per una giornata dai capi cantiere… Abbiamo voluto filmare questi lavoratori invisibili nei loro ambienti”.

Gli attori protagonisti sono le vere colonne portanti di questo racconto verista. Tahar Rahim, conosciuto dal grande pubblico grazie a Il profeta di Audiard, porta qui una vena comica coinvolgente, un ruolo brillante con cui raramente l'attore di origini algerine ha potuto confrontarsi. La Gainsbourg, seppur intensa e credibile, viene quasi eclissata dal carisma di Omar Sy, che sembra aver dimenticato la presenza della macchina da presa sposando il personaggio fino all'ultimo sospiro. I facinorosi che si ostineranno a vedere il film in lingua originale saranno deliziati dall'assistere a dialoghi che sembrano nascere e procedere come semplici esercizi di improvvisazione.

Di madre mauritana e padre senegalese, Omar Sy è l'astro nascente del giovane panorama attoriale europeo. Scoperto dalla massa solo grazie ad una alchimia vincente che ha portato Toledano e Nakache al successo con Quasi amici, Sy è ormai lanciato verso produzioni hollywoodiane: già lo troviamo nel cast di blockbusters come l'ultimo X-Men e Jurassic World. La sua ascesa costituisce un fenomeno importante per la presenza afro-discendente nel cinema che si produrrà sulle due sponde dell'Atlantico nei prossimi anni.

Riccardo Centola

Samba (id.)
Regia: Olivier Nakache ed Eric Toledano; sceneggiatura: Olivier Nakache ed Eric Toledano, in collaborazione con Delphine Coulin, dal romanzo omonimo; fotografia: Stéphane Fontaine; musiche: Ludovico Einaudi; montaggio: Dorian Rigal-Ansous; interpreti: Omar Sy ... Samba Cissé, Charlotte Gainsbourg, Tahar Rahim, Izïa Higelin, Isaka Sawadogo, Jonas Karanoto, Hélène Vincent, Youngar Fall, Christiane Millet, Jacqueline Jehanneuf, Liya Kebede; origine: Francia, 2014; durata: 118'; produzione: Nicolas Duval Adassovsky, Yann Zenou, Laurent Zeitoun, per Quad, Ten Films, Gaumont, TF1 Films Production, Korokoro; distribuzione: 01 Distribution; sito ufficiale: 01distribution.it/film/samba

FCAAAL 2015: presentazione Cinema e Africa

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Nell'ambito del ricco cartellone del Festival del Cinema Africano d'Asia e America Latina di Milano, è previsto anche un evento che ci tocca molto da vicino e a cui teniamo molto.
Domenica 10 maggio alle ore 18 ci sarà il nostro Leonardo De Franceschi a presentare il secondo volume della collana di Cinema e Studi Postcoloniali da lui curata per Aracne.
Si tratta di Cinema e Africa. L'immagine dei neri del cinema bianco e il primo cinema africano visti nel 1968 di Joy Nwosu: la riedizione critica del libro scritto appunto nel 1968 da Joy Nwosu ed oggi arricchito oltre che dalla presentazione di Leonardo De Franceschi, anche da due ricche e originali interviste all'autrice e a Mino Argentieri, che aveva scritto la presentazione del libro allora edito dalla casa editrice Dedalo.
In occasione della presentazione al festival, sarà proiettata una videointervista inedita a Joy Nwosu a cura di Leonardo De Franceschi.

Domenica 10 maggio ore 18
FCAAL - Festival Center
Casello Ovest di Porta Venezia, Milano

[Maria Coletti]

FCAAAL 2015: Cinema e Africa

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Anche quest'anno CINEMAFRICA sarà presente come Media Partner al Festival del Cinema Africano, d'Asia e America Latina di Milano, giunto alla 25ma edizione. Questo riconoscimento nasce da un rapporto collaudato tra un festival di riferimento per le culture cinematografiche del sud del mondo come il FCAAAL e una testata online, creata nel novembre 2007 dall'Associazione Culturale Yeelen, che, unica nel suo genere in Italia e tra le poche in Europa, è dedicata alla riflessione sui modi di rappresentazione dell'Africa e delle diaspore nel cinema.

CINEMAFRICA si presenta come un portale e un magazine di cultura cinematografica. Nel portale sono disponibili risorse online per chiunque voglia approfondire la conoscenza delle cinematografie africane e diasporiche, dei cineasti afrodiscendenti in Italia e nel mondo, di soggetti dell'industry attivi sul continente africano. Il magazine presenta una serie di rubriche con le quali copriamo perlopiù l'attualità della produzione, attraverso uno spazio di News e recensendo i film in uscita in sala, presentati nella rete dei festival o nei mercati internazionali. La homepage presenta uno spazio Movie Spot nel quale a rotazione compaiono schede dei film di interesse africano e diasporico attualmente in sala, in distribuzione nell'homevideo o prossimi ad uscire sul mercato italiano. La testata offre una newsletter settimanale a circa 2000 iscritti ed è presente su diversi social network (Facebook, Twitter, YouTube, Flickr).

Saremo a Milano per coprire eventi, incontri e proiezioni connessi all'identità storica del FCAAAL, quella africana e diasporica, attraverso news, recensioni e conversazioni.

Nel corso dell'edizione 2015 del festival presenteremo un nuovo volume: Cinema e africa. L'immagine dei neri nel cinema bianco e il primo cinema africano visti nel 1968di Joy Nwosu, con prefazione di Mino Argentieri e presentazione di Leonardo De Franceschi (Aracne 2014, secondo volume della collana Studi postcoloniali di cinema e media curata da Leonardo De Franceschi).

L'incontro si terràdomenica 10 maggio alle ore 18 presso il Festival Center a Porta Venezia.
Per l'occasione Leonardo De Franceschi presenterà in anteprima per il FCAAAL una videointervista a Joy Nwosu.

Qui di seguito è possibile vedere un estratto della videointervista: https://www.facebook.com/pocofilmstudies/videos/vb.523893834408617/650533105078022/?type=2&theater

Il volume è la riedizione critica di un testo pubblicato, come il sottotitolo evidenzia, nel 1968, da una piccola casa editrice romana, Tindalo, e scritto da quella che allora era una giovane e brillante espatriata nigeriana residente a Roma, diplomata in musica e canto a Santa Cecilia, laureata in cinema, figurante e interprete di diversi film italiani dell'epoca: Joy Nwosu.

“Il cinematografo nasce bianco. Un nuovo strumento dell'uomo occidentale e colonialista per dominare visivamente il mondo. Il mondo e i suoi altri per antonomasia, i neri. O i negri, come venivano chiamati in questo librettino pubblicato la prima volta nel 1968. Fin dal successo, controverso e travolgente, di Nascita di una nazione, africani e afrodiscendenti sono entrati come macchie di colore in centinaia di film hollywoodiani ed europei, ambientati in un'Africa di cartapesta oppure nelle metropoli multiculturali statunitensi ed europee. Finché, in un'Africa da poco decolonizzata, all'inizio degli anni Sessanta sono arrivati i primi film scritti e diretti da africani. Rimane tuttavia il fatto che la storia del cinema africano è anzitutto e soprattutto la storia dell'europeo in Africa, dell'aggressore e dell'aggredito, del debole e del forte, del bianco e del negro. Non è una storia molto bella. La storia di un popolo, avverte Baldwin, non è mai molto bella.”

Joy Nwosu Lo-Bamijoko (Enugu, 1940) è un'etnomusicologa e una soprano nata in Nigeria e residente dal 1996 in California, con un'attività in ambito universitario, scolastico, concertistico, radiotelevisivo e discografico di oltre quarant'anni. Dal 1962 al 1970 ha vissuto a Roma, diplomandosi a Santa Cecilia e alla LUISS (allora Pro Deo) con una tesi da cui è nato il suo primo libro, Cinema e Africa nera (Tindalo, 1968). Ha recitato in diversi film italiani del periodo, tra cui Il nero (1966), opera prima di Giovanni Vento. Di recente è uscita una sua biografia. Tiene da alcuni mesi un blog in inglese (jinloby.com).

Il volume è arricchito da due lunghe interviste originali a Mino Argentieri e a Joy Nwosu.

CINEMA E AFRICA.
L'IMMAGINE DEI NERI NEL CINEMA BIANCO E IL PRIMO CINEMA AFRICANO VISTI NEL 1968

di Joy Nwosu

Prefazione di Mino Argentieri

Presentazione di Leonardo De Franceschi

Aracne, 2014

Collana STUDI POSTCOLONIALI DI CINEMA E MEDIA | 2

www.aracneeditrice.it – acquistabile on line
in versione cartacea (12 €) e pdf (7 €)

FCAAAL 2015: il programma del 6 maggio

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Auditorium San Fedele
(Via Hoepli, 3, Milano)

ore 15
L'homme au chien di/by Kamal Lazraq (replica)
Marocco/Francia, 26' – Arabo con sott. eng e Ita / CC

ore 17
Excuse Me While I Disappear di/by Michael MacGarry (replica)
Sudafrica/Angola, 19' – Portoghese con sott. Ita / CC

a seguire

Le Challat de Tunis di/by Kaouther Ben Hania (replica)
Tunisia/Francia/EAU, 89' – Arabo con sott. eng e Ita / CL

ore 19.15
Le crocodile du Botswanga di/by Fabrice Eboué, Lionel Steketee
Francia, 88' – Francese con sott. eng e Ita / ST
Leslie Konda, giovane calciatore francese di talento, scoperto nella sua adolescenza da Didier un mediocre allenatore, riesce a firmare un buon contratto con una squadra spagnola. L'improvvisa notorietà attira su di lui l'attenzione di Bobo Babimbi, Presidente della Repubblica del Botswanga, piccolo Stato dell'Africa Centrale da cui Leslie proviene. Giunto nel suo paese d'origine per essere decorato, Leslie si accorge ben presto che il Presidente è un dittatore megalomane e paranoico, vittima dell'influenza nefasta della moglie. Il Presidente e l'avido Didier si alleano per convincere Leslie a giocare nella squadra nazionale dei Coccodrilli del Botswanga…

ore 21
Passage à niveau di/by Anis Djaad
Algeria, 23' – Arabo con sott. eng e Ita / CC
Da più di trent'anni un vecchio guardiano di passaggio a livello veglia, di giorno come di notte, sulla sicurezza del passaggio ferroviario. Un giorno il postino gli consegna una lettera diversa dal solito che lui non sa leggere. Questo evento eccezionale altera la sua quotidianità…

a seguire

The Narrow Frame of Midnight di/by Tala Hadid
Marocco/Francia/Qatar/UK, 93' – Arabo, francese con sott. eng e Ita / CL
Venduta dai suoi genitori, la piccola Aïcha si ritrova in balia di un criminale, Abbas, coinvolto nel traffico di minori verso l'Europa. Zacaria è uno scrittore marocchino-iracheno che si è lasciato tutto alle spalle per cercare il fratello arruolatosi in un gruppo mussulmano rivoluzionario. I loro destini si incrociano brevemente. La fuga di Aicha e il viaggio in Irak di Zacaria sono traiettorie umane in un paese dove miseria, violenza e fondamentalismo condizionano la vita di tutti.

Spazio Oberdan
(Piazza Oberdan, Milano)

ore 15
Jikoo, la chose esperée di/by Christophe Leroy, Adrien Camus
Francia/Senegal, 52' – Francese con sott. eng e Ita / FILMS THAT FEED
Nel 2011 il Delta del Saloum in Senegal diventa patrimonio mondiale dell'umanità. Nella zona sono attivi molti progetti di organismi internazionali ma nel villaggio di Bakadadji nessuno dei contadini ne ha mai beneficiato. Tutti i soldi vanno nel parco o finiscono nei filtri delle amministrazioni locali e la semplice richiesta dei contadini di avere un recinto per difendersi dai facoceri, che regolarmente rovinano il loro raccolto, non viene mai accolta. I gestori del parco vorrebbero che il villaggio vivesse di turismo, mentre gli abitanti vogliono continuare a coltivare i campi. “Il turismo non è la soluzione è solo della polvere negli occhi. La vita si costruisce poco alla volta come un nido d'uccello, erba per erba” dice il capo villaggio che si fa portavoce di una saggezza antica.

ore 21.15
Père di/by Lotfi Achour
Tunisia/Francia, 18' – Arabo con sott. eng e Ita / CC
Un giorno Hedi carica sul suo taxi una donna che sta per partorire. Questo breve incontro finirà per sconvolgere tutta la sua vita. Riflessione sulla paternità e sugli imprevedibili sviluppi delle relazioni di coppia.

Cinema Beltrade
(Via Nino Oxilia, 10, Milano)

ore 21
The March of the Gods. Botswana Metalhead di/by Raffaele Mosca
Italia, 90' – Inglese con sott. Ita / EX
Il Botswana può vantare un'interessante scena rock metal tra le più vivaci dell'Africa sub sahariana. In particolare c'è una band, i Wrust, che dal 2002 sta collezionando piccoli successi arrivando ad organizzare concerti in Sudafrica come quello dei Sepoltura. Nonostante ciò, difficilmente riescono a varcare i confini dell'Africa. Il loro stile è qualcosa di più di uno stile musicale: è uno stile di vita, una filosofia che si intreccia con la situazione politica ed economica del loro paese.

[Maria Coletti]

FCAAAL 2015: March of the Gods - Botswana Metalheads

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Presentato all'interno della sezione Concorso Extr'A, competizione dedicata ai registi italiani che hanno portato sullo schermo storie provenienti dall'Africa, dall'Asia e dall'America Latina, March of the Gods offre una panoramica della scena heavy metal del Botswana, piccolo stato dell'Africa australe che ha assistito nell'ultimo decennio alla proliferazione di numerosi gruppi rock e metal. Raffaele Mosca, regista e produttore milanese di documentari televisivi, ha vinto con questo il premio come Miglior Documentario al The People's Film Festival 2015.

Il film ci presenta la scena musicale del Botswana, stato che conta neanche due milioni di persone ma che vanta una tra le più vivaci e significative produzioni rock metal dell'Africa sub-sahariana. Tra le band, la più conosciuta e la più seguita è quella dei Wrust, gruppo metal formatosi nel 2000 che, grazie alla fusione di ritmi tradizionali e metal classico, è riuscito a farsi amare in Botswana e in Sudafrica e ad aprire concerti importanti come quello dei Sepultura. Nella prima parte, il documentario si concentra sulla formazione e sul percorso dei Wrust, alternando alle voci dei componenti del gruppo quella del fotografo Frank Marshall che racconta lo stupore e l'incredulità suscitati dalle fotografie di questi musicisti vestiti di pelle, borchie e teschi. Il racconto apre successivamente lo sguardo all'intero paesaggio rock del Botswana, mostrando le aspettative e le delusioni di altri piccoli gruppi, come la band Kamp 13 che facendo soft rock non riesce a ricevere attenzione, o i vecchi maestri Metal Orizon che continuano a suonare dopo trent'anni. Ma ci ricorda Mosca, affidando il concerto alle sequenze finali, che solo i Wrust sono riusciti a varcare i confini dell'Africa, suonando al SoloMacello Fest a Milano nel 2013.

March of the Godsè il cammino dei giovani botswani che attraverso la condivisione musicale e l'abbigliamento comune si sentono degli dei. Il metal diviene infatti stile di vita e non semplice hobby, una filosofia basata sui valori della fratellanza e della condivisione, in cui le differenze razziali, sociali, economiche scompaiono nel nome del “metallo”. “Di tutti quelli che vogliono far del male ai miei fratelli e alle mie sorelle indosserò il loro cranio intorno al mio collo. Se tu sei un babbuino e mangi il raccolto di mio nonno o sei un essere umano che può fare del male ai miei fratelli e sorelle, allora io troverò il modo di indossare il tuo cranio intorno al mio collo”: sentenzia un musicista con un grosso teschio al collo nell'inquadratura che chiude il film. Il rispetto per i valori comunitari infatti viene più volte sottolineato: essere “metallaro” o rocker significa prima di tutto “essere una brava persona”.

La dinamicità della scena musicale, la passione e la tenacia di costruire qualcosa di personale che partendo dai richiami occidentali se ne allontani, riflettono la crescita economica e i cambiamenti sociali che il paese sta vivendo. Inoltre la proliferazione dei canali di diffusione, soprattutto Facebook e YouTube, concede a queste voci lontane la possibilità di essere ascoltate e di dire qualcosa di nuovo all'ormai vecchio mercato occidentale.

Il racconto procede in modo lineare attraverso interviste frontali e spezzoni dei concerti, senza pretese visive o sonore. Vengono ritratti i musicisti nelle loro case, immersi negli incredibili paesaggi tropicali che contrastano con il loro abbigliamento composto rigorosamente da giacche di pelle nere e borchie. Il desiderio di mostrare un quadro completo del movimento metal solo attraverso le interviste rischia però di diminuire il legame con lo spettatore. Durante la prima parte del film si è infatti catturati dall'energia dei Wrust e dalle belle fotografie delle diverse band ma man mano che si procede la narrazione si appiattisce e si ripete visivamente. March of the Gods, debutto alla regia per Raffaele Mosca, rimane, nonostante la perdita del ritmo narrativo, un lavoro prezioso e coraggioso che squarcia il nostro immaginario sull'Africa per mostrarci quanta energia e quanto “rumore” provengano dal Sud.

Valentina Lupi

March of the Gods - Botswana Metalheads
Regia e montaggio: Raffaele Mosca; sceneggiatura: Alessio Calabresi; origine: Italia/Grecia/GB, 2014; formato: HD, DCP; durata: 87'; produzione: Natalia Kouneli; sito ufficiale: marchofthegods.com

FCAAAL 2015: il programma del 7 maggio

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Spazio Oberdan

ore 17
Jikoo, la chose esperée di/by Christophe Leroy, Adrien Camus
Francia/Senegal, 52' – Francese con sott. eng e Ita / FILMS THAT FEED (replica)

Auditorium San Fedele

ore 16.45
Père di/by Lotfi Achour
Tunisia/Francia, 18' – Arabo con sott. eng e Ita / CC (replica)

ore 19

Lazy Susan di/by Steven Abbott
Sudafrica, 10' – Inglese, xhosa con sott. eng e Ita / CC / RBS
Susan fa il doppio turno in un ristorante di Città del Capo che serve golosi, wasp, hipster, razzisti e donnaioli. Anche di fronte a fastidiosi clienti, con qualche sforzo riesce a mantenere alto lo spirito e la qualità del servizio, fino a quando una mancia pidocchiosa la umilia. Tutto girato dal punto di vista di un vassoio girevole sulla tavola, in inglese” lazy susan”, il film mescola commedia dark e critica sociale con humour e ironia.

The Dream of a Scene di/by Yasser Shafiey (sarà presente il regista)
Egitto, 23' – Arabo con sott. eng e Ita / CC
Un giovane regista avverte i sui collaboratori che vuol fare un film indipendente sulle donne. La difficoltà più grande sta nel trovare un'attrice disposta a rasarsi i capelli e andare contro gli standard di bellezza della società egiziana. Una ragazza accetta ma poi si tira indietro all'ultimo minuto. Per salvare il film, Mariam, l'aiuto regia, decide di interpretare la parte.

ore 21

Meurtre à Pacot di/by Raoul Peck
Haiti/Francia/Norvegia, 130' – Francese, creolo haitiano con sott. eng e Ita / CL
Tutto l'orrore del terremoto senza una sola goccia di sangue e tutta la complessità del rapporto di Haiti con l'Occidente in un film a huis clos, interamente ambientato negli interni ed esterni di una casa signorile in rovina. Un'unica ambientazione per una spietata rappresentazione filmica e teatrale dell'apocalisse haitiana.

Cinema Beltrade

ore 19

Umudugudu! Rwanda 20 ans après di/by Giordano Cossu
Italia, 35' – Francese e kinyarwanda con sott. Ita / EX
A vent'anni dal genocidio, nel Ruanda d'oggi, la riconciliazione con se stessi è ancora un traguardo difficile da raggiungere, nonostante la volontà di tutti. Molteplici sono i problemi economici e sociali, e l'aiuto delle Istituzioni è insufficiente. L'incipit, molto istituzionale, avviene attraverso un programma radiofonico, ma subito dopo il tono cambia e l'approccio del regista, poco invasivo, riesce a raccontare con umanità profonda le storie personali degli abitanti di un villaggio rurale.

L'infedele di/by Angelo Loy
Italia, 56' – Italiano, arabo, francese con sott. Ita / EX / RBS
Una storia fuori dal comune raccontata senza sensazionalismi quella di Touhami Garnaoui, un uomo ponte tra due continenti: da una parte la sua esperienza di migrazione, la sua vita in Italia e la sua attività politica che l'ha portato a diventare il primo sindaco maghrebino d'Italia e, dall'altra, le sue radici, la nostalgia per la Tunisia e i sentimenti contrastanti in relazione agli avvenimenti politici e culturali che hanno colpito il suo paese di origine. Il documentario girato dal genero del protagonista dipinge il personaggio di Touhami in tutta la sua caparbietà, il suo attivismo, la sua tenacia, ma anche le sue debolezze da semplice uomo comune.

ore 21

Il mare di/by Guido Nicolás Zingari (sarà presente il regista)
Italia/Togo, 37' – Ewe con sott. Ita – / EX
Nel villaggio di Zooti (Togo) la vita, le vite sembrano sospese ad un filo invisibile e armonico che collega immagini, gesti e momenti: un bimbo nasce, una chiesa che canta, la raccolta del mais e una giovane ragazza che non vede l'ora di iniziare il liceo.

Mare bianco di/by Alessandro Renda (sarà presente il regista)
Italia, 53' – Arabo e italiano con sott. Ita / EX / RBS
Il mare assume in questo documentario un ruolo fondamentale. Diventa il foglio bianco su cui – a capitoli – prende forma una sorta di sceneggiatura di uno spettacolo nato da un laboratorio teatrale a Mazara del Vallo. Lo spettacolo sembra ispirarsi alla realtà della cittadina siciliana nota come meta di immigrazione ed integrazione in cui – nella realtà e nella finzione – il mare, la sua bellezza, imprevedibilità, forza, chi lo vive e le loro storie non sono solo scenografia, bensì protagonisti e muse ispiratrici. Il mare si fa immagine, voce, suggestione e ispirazione per raccontare in atti Mazara del Vallo e i suoi abitanti.

MUDEC - Museo delle Culture
Via Tortona 56

ore 19.30

Come Back, Africa di/by Lionel Rogosin
Sudafrica/USA, 1960, 85' – Inglese con sott. Ita / AC
Primo film di denuncia del Sudafrica dell'apartheid e prima apparizione sullo schermo di Miriam Makeba. Il giovane zulu Zacharia e sua moglie Vinah abbandonano la campagna e si recano a Johannesburg in cerca di lavoro scontrandosi con la burocrazia bianca e le leggi razziste. Il regista fu costretto a girare la maggior parte del film con una cinepresa nascosta e ad inviare la pellicola clandestinamente al di fuori del paese.

[Maria Coletti]

FCAAAL 2015: tre film on line su MyMovies

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In collaborazione con MyMovies.it, tre film del Festival del Cinema Africano d'Asia e America Latina sono visibili sulla loro piattaforma online da ieri e fino a venerdì 8 gratis in prima visione, e poi ancora per cinque giorni a seguire nella modalità on demand per i possessori del profilo Unilimited.

Due sono di particolare interesse per noi di Cinemafrica.
Si tratta di The Narrow Frame of Midnight della regista Tala Hadid e Murder in Pacot di Raoul Peck.

Buona visione!

[Maria Coletti]

FCAAAL 2015: due incontri con Sissako

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Un ospite d'onore e presidente di giuria d'eccezione per il 25° Festival del Cinema Africano, d'Asia e America Latina: Abderrahmane Sissako, candidato all'Oscar e vincitore di 7 Césars con il suo intenso e apprezzato Timbuktu.

Sissako sarà presente al festival in diverse occasioni e in particolare in due incontri con pubblico e critica.

Venerdì 8 maggio, h. 18 – Festival Center
Ora del Tè con Abdherramane Sissako
La consueta Ora del Tè del Festival Center ospiterà Abdherramane Sissako che dialogherà con le direttrici del Festival in un'atmosfera informale insieme al pubblico e a tutti gli interessati.
Ingresso gratuito fino ad esaurimento posti.

Sabato 9 maggio, h. 10.00 – Spazio Oberdan
Masterclass di Abderrahmane Sissako con il critico Giuseppe Gariazzo
In collaborazione con Milano Film Network. Un viaggio lungo la sua carriera, dal primo cortometraggio, Le Jeu, presentato alla Semaine de la Critique del Festival di Cannes nel 1991, per dialogare su temi, stile e ossessioni del suo cinema.

[Maria Coletti]

AfroCannes: la nostra selezione

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Sta per aprire i battenti la 68ma edizione del Festival di Cannes e, come di consueto, vi presentiamo il programma in cartellone, proponendo la nostra selezione di film di registi africani, afrodiscendenti o che affrontino tematiche legate all'Africa e alle sue diaspore e contaminazioni.
Per la verità, almeno nelle varie sezioni ufficiali, non si tratta di un programma ricchissimo, ma quanto meno la Croisette conferma di avere un certo interesse per i film che arrivano dal continente africano o da afrodiscendenti, e sicuramente nello spazio del Village International, negli stand dei paesi africani e non solo, avremo modo di scovare altri film, meno noti ma non meno interessanti.

Ma veniamo al programma.

Innanzitutto segnaliamo il ritorno a Cannes di Souleymane Cissé, regista maliano e uno dei maestri del cinema africano, che abbiamo avuto la fortuna di conoscere personalmente e a cui abbiamo dedicato la prima monografia in assoluto pubblicata su di lui (in versione spagnola per il FCAT che era allora a Granada e poi in versione italiana): Souleymane Cissé. Con gli occhi dell'eternità. Con il suo nuovo film presentato come Proiezione Speciale, Oka (Notre maison) - con cui il regista torna a Cannes a sei anni da Min ye - Cissé racconta la storia di una casa e di un artista. La casa è per lui il legame con i genitori, con la sua storia e le sue memorie, ma un giorno del 2008 le sue sorelle sono sfrattate e costrette ad andarsene. La battaglia per la verità spinge l'artista a prendere la parola e ad intraprendere una difficile lotta. E così, attraverso la storia di questa casa, il regista racconta anche la storia del suo paese, il Mali, un paese che affonda nella guerra dimenticando la propria tradizione di tolleranza che lo aveva caratterizzato dall'indipendenza.
E' con grande emozione e curiosità che aspettiamo di poter vedere e recensire il film, dedicato alla grande montatrice Andrée Davanture (che ci ha lasciato l'anno scorso), e che Serge Toubiana, direttore della Cinémathèque Française, descrive come una saga familiare, la saga dei Cissé, una autobiografia raccontata da molteplici voci.

Una grande novitàè invece in cartellone a Un Certain Regard, dove troviamo l'opera prima di Yared Zeleke, Lamb: il primo film dell'Etiopia ad essere selezionato ufficialmente a Cannes.
L'Etiopia non ha una grande storia dal punto di vista cinematografico: fra i nomi internazionalmente noti ricordiamo, fra i padri fondatori del cinema etiope, Haile Gerima (Harvest: 3,000 Years, 1976; Sankofa, 1993; Adwa - An African Victory, 1999; Teza, 2009), che si è trasferito negli Usa negli anni Settanta, mentre tra le recentissime produzioni si è distinto Zeresenay Mehari con il suo Difret, presentato nei festival internazionali e uscito anche in Italia. Con la sua opera prima, film prodotto dalla casa di produzione etiope Slum Kid Film, fondata da Ama Ampadu, Zeleke costruisce un racconto di formazione che ruota attorno alla storia di Ephraim, un bambino di 9 anni inseparabile dalla sua pecora Chuni. Un affetto profondo, che aumenta nel ragazzino dopo la morte della madre e il suo conseguente trasloco a casa di parenti, in una zona più verde e meno afflitta dalla carestia. Ma Ephraim non si adatta e quando lo zio gli chiede di uccidere Chuni, in occasione di una festa, cerca di escogitare una soluzione per salvare la pecora e tornare da suo padre.

Voltiamo pagina e passiamo alla Quinzaine des Réalisateurs, dove troviamo due film da vedere assolutamente.

Innanzitutto Much Loved di Nabil Ayouch, talentuoso cineasta e nome di punta della nuova generazione di cinema marocchino che si è rivelato negli anni Novanta con Ali Zaoua.
Much Lovedè una sorta di melodramma sociale in cui si intrecciano le storie di quattro prostitute che vivono ai margini della società e si confrontano in maniera complessa con le proprie famiglie. Siamo a Marrakech. Noha, Randa, Soukaina, Hlima e le altre vivono di amori a pagamento. Sono puttane, puri oggetti di un desiderio altrui. I corpi si esibiscono e si eccitano al ritmo della musica, il denaro circola al ritmo dei piaceri e delle umiliazioni subite. Ma loro, gioiose e complici, fiere ed emancipate, sopravvivono e resistono a una violenza maschilista di una società che le sfrutta e insieme le disprezza.
Una sfida davvero grande quella di Ayouch: vedremo se riuscirà a vincerla, senza cadere nei cliché spesso legati all'immagine delle donne arabe.

Un altro film da non perdere alla Quinzaine èFatima del regista francese Philippe Faucon: un'altra storia tutta al femminile che ruota attorno a una famiglia maghrebina.
Fatima vive sola con le due figlie: Souad, 15 anni, adolescente ribelle, e Nesrine, 18 anni, che studia medicina. Fatima non parla bene il francese e vive questa difficoltà come una frustrazione e un ostacolo nel rapporto quotidiano con le figlie. Per offrire loro un futuro migliore lavora tutto il giorno come donna delle pulizie. Un giorno cade dalle scale: costretta a riposo, Fatima inizia a scrivere in arabo tutto quello che non è riuscita finora a dire alle sue figlie in francese.

Infine, segnaliamo un'altra opera prima molto promettente. Si tratta del lungometraggio di debutto di Jonas Carpignano, Mediterranea, che è stata selezionata alla Semaine de la Critique, sezione generalmente focalizzata sulla scoperta di nuovi talenti.
Mediterranea nasce dalla rielaborazione di un precedente cortometraggio di Carpignano, A Chjana, e narra la storia di un giovane del Burkina Faso che decide di emigrare in cerca di un futuro migliore, compie il periglioso viaggio verso l'Italia, per scoprire infine di essere impreparato all'intolleranza con cui vengono accolti gli immigrati nel nostro paese.
Jonas Carpignano – un italoafroamericano o un italoamericano birazziale come si definisce, nato da padre italiano e madre afroamericana e vissuto fra New York e Roma - appartiene alla schiera dei talentuosi registi afrodiscendenti che vivono in Europa e in Usa, e la sua propria storia racchiude simbolicamente quella dell'Italia del XXI secolo, che si fatica ad accettare, ma è già realtà.
Speriamo di poter anche incontrare e intervistare Carpignano durante il festival.

Un ultimo prezioso tassello si aggiunge al puzzle africano presente al Festival di Cannes 2015: la versione restaurata di La Noire de... di Ousmane Sembene, regista senegalese e padre del cinema africano, "doyen des doyens", sarà infatti presentata all'interno della sezione Cannes Classics.
Il film è stato restaurato dalla World Cinema Foundation di Martin Scorsese in collaborazione con Cineteca di Bologna, Sembene Estate, Ina, Eclair Laboratoires e CNC, mentre le lavorazioni sono state effettuate presso l'Immagine Ritrovata.
La Noire de... , presentato a Cannes nel 1966 dove vinse il Premio Jean Vigo, è una forte parabola sul lato oscuro delle indipendenze africane e della cooperazione francese e insieme della condizione femminile.
A Cannes Classics il film sarà preceduto dalla proiezione di Sembene!, documentario di Samba Gadjigo e Jason Silverman su uno dei padri, delle pietre miliari del cinema africano e mondiale.

Segnaliamo infine alcune personalità africane o afrodiscendenti presenti a Cannes nelle giurie ufficiali.
La musicista, autrice, cantante maliana Rokia Traoréè nella giuria del Concorso ufficiale; il regista mauritano Abderrahmane Sissakoè Presidente della giuria della Cinéfondation; mentre l'attore francese di origini algerine Tahar Rahim fa parte della giuria di Un Certain Regard.

Qui di seguito il riepilogo dei film e delle proiezioni.

PROIEZIONE SPECIALE

OKA (Notre maison) di Souleymane Cissé
Giovedì 21, ore 19.15, Salle du 60ème

UN CERTAIN REGARD

LAMB di Yared Zeleke
Mercoledì 20, ore 16.30, Salle Debussy
Giovedì 21, ore 17, Salle Bazin

QUINZAINE DES REALISATEURS

MUCH LOVED di Nabil Ayouch
Martedì 19 maggio, ore 14.15 e 21.30, Théâtre Croisette,
Mercoledì 20 maggio, ore 11.30, Cinéma Les Arcades
Mercoledì 20 maggio, ore 21, Studio 13

FATIMA di Philippe Faucon
Mercoledì 20 maggio, ore 12.15 e 20, Théâtre Croisette,
Giovedì 21 maggio, ore 11.30, Cinéma Les Arcades
Giovedì 21 maggio, ore 21, Studio 13

SEMAINE DE LA CRITIQUE

MEDITERRANEA di Jonas Carpignano
Martedì 19 , ore 11.30 – 17 – 22, Miramar
Mercoledì 20, ore 8.30, Miramar
Mercoledì 20, ore 14, La Licorne
Giovedì 21, ore 16, Studio 13

CANNES CLASSICS

Sembene! di Samba Gadjigo e Jason Silverman
Venerdì 15 maggio, ore 17.15 – Salle Bunuel

La Noire de… di Ousmane Sembène
Venerdì 15 maggio, ore 18.45 - Salle Bunuel

FCAAAL 2015: Jikoo, la chose espérée

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È stato presentato ieri in prima nazionale, Jikoo, la chose espérée, all'interno della sezione speciale Films that Feed, che quest'anno si rivolge alle opere che affrontano i temi di EXPO 2015, dalla sicurezza alimentare all'agricoltura urbana, dal landgrabbing alla promozione di modelli agroalimentari alternativi. Con Jikoo, i registi Christophe Leroy e Adrien Camus hanno già vinto due prestigiosi premi in Francia (Gran Premio della Giuria al Festival Caméras des Champs 2014 e Prix Anthropologie al Festival International du film ethnographique Jean Rouch 2014).

Il parco del delta del Saloum in Senegal, istituito nel 1976 e divenuto nel 2011 patrimonio mondiale dell'Unesco, è abitato da circa 200.000 persone, agricoltori e pescatori, che da anni aspettano invano di beneficiare dei molti progetti internazionali attivi all'interno del parco. Gli abitanti del villaggio di Bakadadji, ad esempio, cercano di farsi finanziare delle recinzioni per proteggere i raccolti dai facoceri ma le loro richieste non vengono ascoltate e i soldi rimangono nelle casse delle amministrazioni locali. Il film ritrae la quotidianità degli abitanti, segue i passi del capo del villaggio, i tentativi di intrappolare i facoceri e la costruzione lenta di un sogno che viene infranto ad ogni raccolto distrutto.

Emergono le contraddizioni dei potenziali aiuti internazionali e dell'eco-turismo: “Loro dicono che se l'agricoltura non ci nutrirà più, lo farà il turismo ma non vogliamo vivere di turismo, siamo contadini e questo è il modo di vita che conosciamo. Il turismo non è la soluzione, è solo polvere negli occhi”. In questo scenario anche uccidere un facocero per proteggere i campi diventa un'azione illegale all'interno di un parco protetto. Viene presentato così il binomio oppositivo agricoltura/turismo, lascito della più annosa diatriba natura/cultura: la distruzione dell'una è necessaria per far posto all'altra? Gli aiuti internazionali sono forse l'ennesima imposizione occidentale di matrice neocoloniale oppure sono indispensabili risorse per l'avanzamento del paese? Secondo l'antica saggezza del capo del villaggio il turismo condurrà alla perdita della cultura rurale e dei valori ad essa legati. E poi, come i film di questa sezione speciale ci stanno mostrando, solamente quando li avremo persi cercheremo di tornare a quei saperi agricoli che sono alla base dell'unico futuro che possiamo percorrere.

I movimenti e le parole del capo del villaggio scandiscono l'andamento narrativo. La macchina da presa scompare, diviene elemento invisibile per lasciare ai luoghi e ai volti il tempo e lo spazio dell'azione: la raccolta della calce, un bambino che corre in un campo di granturco, dei pappagalli che si levano in volo fra gli alberi. Solo in alcuni momenti l'implicito accordo cinematografico viene rotto dagli sguardi in macchina degli abitanti, come se all'improvviso ci e si ricordassero della presenza di questo elemento estraneo. Anche le parole del capo del villaggio ci arrivano in un tempo diverso rispetto all'immagine, l'uomo non si rivolge mai direttamente allo spettatore. I movimenti della camera restano minimi, di aggiustamento per prediligere piani fissi. Alcune sequenze ricordano il magnifico film di Sissako La vie sur terre, in particolare i campi lunghi che ritraggono il personaggio mentre tenta di scacciare gli uccelli dal raccolto. Jikoo si nutre di un ritmo lento, mai monotono. “La vita si costruisce poco alla volta come un nido d'uccello, ramo per ramo, erba per erba. Solo così il nido sarà grande”. Rimangono infine le sfide del quotidiano, un grosso albero che dopo duro lavoro viene tagliato per diventare una camera da letto.

Valentina Lupi | FCAAAL 2015

Jikoo, la chose espéré
Regia, sceneggiatura e montaggio: Christophe Leroy, Adrien Camus; origine: Francia/Senegal, 2014; durata: 52'; produzione: La Troisième Porte à Gauche

FCAAAL 2015: il programma dell'8 maggio

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Auditorium San Fedele

ore 14.30

Lazy Susan di/by Steven Abbott
Sudafrica, 10' – Inglese, xhosa con sott. eng e Ita / CC / RBS (replica)

The Dream of a Scene di/by Yasser Shafiey (sarà presente il regista)
Egitto, 23' – Arabo con sott. eng e Ita / CC (replica)

ore 19

Oulinine Imdanate di/by Michel K. Zongo
Burkina Faso/Francia, 10' – Francese con sott. eng e Ita / CC
Da qualche parte nel deserto Fadimata Wallett Oumar, cantante e poetessa tuareg di Timbuktu, allestisce una tenda e introduce il gioco che dà il titolo al film. Un gruppo di bambine e bambini la raggiunge e si appresta a mettere in scena quel gioco. Protagonisti: un capraio, le sue capre, uno sciacallo, un giudice. Lo sciacallo ruba le capre al capraio. Per dirimere la questione, i due personaggi si recano dal giudice, interpretato da Fadimata Wallett Oumar. In un intermezzo del gioco, la donna esprime con il canto la nostalgia per la fanciullezza. Il cortometraggio, che intreccia documentario e finzione, fa parte della serie "Jeux d'enfants".

Discipline di/by Christophe M. Saber
Svizzera/Egitto, 12' – Francese, arabo, italiano con sott. eng e Ita / CC / RBS
Un piccolo schiaffo di un papà ad una bimba fa scoppiare una rissa in un supermercato dove si mettono in gioco tutte le tensioni latenti e la fragilità dell'equilibrio sociale in una società multietnica.

ore 21.45

130 km to Heaven di/by Khaled Khella
Egitto, 13' – Arabo con sott. eng e Ita / CC
Due ragazzi egiziani lasciano la loro città per la prima volta attirati da una proposta di lavoro sulle rive del Mar Rosso: grandi alberghi, ragazze facili, la bella vita. Le condizioni di lavoro sono ben più faticose e umilianti di ciò che si immaginavano, ma non perdono la speranza. Alla proposta di tentare con Sharm El Sheikh, abbandonano tutto e via, verso nuove avventure…

Spazio Oberdan

ore 14.30

Passage à niveau di/by Anis Djaad
Algeria, 23' – Arabo con sott. eng e Ita / CC (replica)

The Narrow Frame of Midnight di/by Tala Hadid
Marocco/Francia/Qatar/UK, 93' – Arabo, francese con sott. eng e Ita / CL (replica)

ore 17
PROIEZIONE SPECIALE NAGA AL FESTIVAL a seguire aperitivo al Festival Center
Asmarina di/by Alan Maglio e Medhin Paolos (saranno resenti i registi)
Italia, 69' – Italiano e Tigrino con sott. Ita / EX / RBS (replica)

ore 19
L'oeil du cyclone di/by Sékou Traoré
Burkina Faso, 120' – Francese con sott. eng e Ita / FL (replica)

ore 21.15

4 avril 1968 di/by Myriam Gharbi (presente in sala Celine Farmachi)
Francia/Guadalupa, 24' – Francese e Creolo con sott.eng e Ita / CC / RBS
Sabine, 7 anni, vive con la zia in Guadalupa, la mamma lavora da anni in Francia. Sulla strada per la scuola la bimba si addentra nella foresta dove incontra Akim, un giovane straniero che vive in una capanna. E' il 1968, sono gli anni delle proteste delle comunità nere negli Stati Uniti e Sabine si ritrova senza saperlo nel rifugio di due Black Panthers…

Lonbraz Kann di/by David Constantin
Mauritius/Francia, 88' – Creolo mauriziano con sott. eng e Ita / CL / FILMS THAT FEED
Una fabbrica di lavorazione della canna da zucchero dove hanno lavorato generazioni e generazioni di mauriziani chiude i battenti a causa della globalizzazione. Al posto delle piantagioni sorge un cantiere per la costruzione di ville di lusso. Marco, Bisson e Rosario assistono impotenti alla chiusura della fabbrica e alla metamorfosi del loro mondo. Disoccupazione e lotte razziali nell'isola paradiso dove i “negri” sono ancora schiavi, mentre francesi, indiani e cinesi si spartiscono la terra e il lavoro.

Cinema Beltrade

ore 17

The March of Gods. Botswana Metalhead di/by Raffaele Mosca (sarà presente il regista)
Italia, 90' – Inglese con sott. Ita / EX (replica)

ore 21

Yema e Neka di/by Matteo Valsecchi (sarà presente il regista)
Italia, 30' – Italiano con sott. eng / EX / RBS
Un paesino di montagna, in Trentino, ripopolato da nove ragazzi etiopi. Adottati tutti dalla stessa coppia che ospita anche tre adulti problematici. Due dei ragazzi, Yema e Neka, corrono. Vincono. Battono record. Sono figli dell'altopiano africano: leggeri, veloci, resistenti. Luisa però decide di andare via. Resta Roberto a capo della tribù. E i due continuano a correre, tutti i giorni dell'anno, anche se c'è la neve.

Limbo di/by Matteo Calore, Gustav Hofer
Italia, 56' – Italiano, Inglese e Spagnolo con sott. Ita / EX / RBS
La vita all'interno di un CIE è raccontata attraverso 3 storie in bilico tra dentro e fuori, libertà ed ingiusta reclusione. Una tematica molto attuale e molto trattata. Il tocco poetico riesce quasi a “romanzare” le vicende drammatiche con una camera molto vicina ai protagonisti che diventa confidente e impalpabile in equilibrio tra le storie, i protagonisti e il pathos.

MUDEC (Museo delle Culture)

ore 19.30

El-Fallâh el-fasîh (The Eloquent Peasant) di/by Shadi Abdel Salam
Egitto, 1960, 17' – Arabo con sott. eng e Ita / AC
Tratto da un testo del periodo classico della letteratura egiziana, il film intreccia racconto popolare-allegorico e poesia. Il contadino Khun-anup di difende da un' ingiusta accusa di furto attirando l'attenzione del re con la sua inaspettata eloquenza. Il re realizza subito la sua innocenza ma per poter continuare ad ascoltarlo ritarda il gudizio.

Al Momia (The Night of the Counting Years) di/by Shadi Abdel Salam
Egitto, 1969, 103' – Arabo con sott. eng e Ita / AC
Uno dei migliori film egiziani di tutti i tempi, il film è tratto da una storia vera e racconta di alcuni reperti preziosi che, nel 1881, sono stati saccheggiati dalle tombe faraoniche di Tebe e messi sul mercato. “Al Momia ha un'atmosfera maestosa e poetica, del tutto singolare”. M. Scorsese

[Maria Coletti]

FCAAAL 2015: il programma del 9 maggio

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Auditorium San Fedele

ore 14.30

4 avril 1968 di/by Myriam Gharbi (presente in sala Celine Farmachi) Francia/Guadalupa, 24' – Francese e Creolo con sott.eng e Ita / CC / RBS (replica)

Lonbraz Kann di/by David Constantin Mauritius/Francia, 88' – Creolo mauriziano con sott. eng e Ita / CL / FILMS THAT FEED (replica)

ore 17

Oulinine Imdanate di/by Michel K. Zongo
Burkina Faso/Francia, 10' – Francese con sott. eng e Ita / CC (replica)

Discipline di/by Christophe M. Saber
Svizzera/Egitto, 12' – Francese, arabo, italiano con sott. eng e Ita / CC / RBS (replica)

Institut Français Milano
(C.so Magenta, 63)

ore 15.30

Meurtre à Pacot di/by Raoul Peck
Haiti/Francia/Norvegia, 130' – Francese, creolo haitiano con sott. fra / CL (replica)

4 avril 1968 di/by Myriam Gharbi
Francia/Guadalupa, 24' – Francese e Creolo con sott. eng / CC / RBS (replica)

Discipline di/by Christophe M. Saber
Svizzera/Egitto, 12' – Francese, arabo, italiano con sott. eng / CC / RBS (replica)

Jikoo, la chose esperée di/by Christophe Leroy, Adrien Camus
Francia/Senegal, 52' – Francese con sott. eng / FILMS THAT FEED (replica)

MUDEC (Museo delle Culture)

ore 19.30

Borom Sarret di/by Sembène Ousmane
Senegal, 1963, 20' – Francese con sott. eng e Ita / AC
Borom Sarretè considerato il primo film dell'Africa nera. Il cortometraggio narra la giornata lavorativa di un povero carrettiere di Dakar a cui viene sequestrato il carretto perché ha osato oltrepassare il confine invisibile che separa la città dei poveri dai quartieri alti. Un'opera di grande poesia e potenza lirica.

Touki Bouki di/by Djibril Diop Mambéty
Senegal, 1973, 85' – Wolof, francese con sott. eng e Ita / AC
Mory e Anta sono una giovane coppia di senegalesi che sogna di partire per Parigi.Considerato il primo film africano d'avanguardia, Touki Bouki rimane un caso unico per la produzione del continente e diventerà film culto per molti registi africani alla ricerca di un linguaggio innovativo.

Cinema Beltrade

ore 20.30

Gas Station, di/by Alessandro Palazzi (sarà presente il regista) Italia, 15' – Arabo e Italiano con sott. Ita / EX / RBS (replica)

[Maria Coletti]


FCAAAL 2015: il programma del 10 maggio

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Auditorium San Fedele

ore 17

Le crocodile du Botswanga di/by Fabrice Eboué, Lionel Steketee
Francia, 88' – Francese con sott. eng e Ita / ST (replica)

Spazio Oberdan

ore 19

130 km to Heaven di/by Khaled Khella
Egitto, 13' – Arabo con sott. eng e Ita / CC (replica)

Cinema Beltrade

ore 17

Il mare di/by Guido Nicolás Zingari (sarà presente il regista)
Italia/Togo, 37' – Ewe con sott. Ita / EX (replica)

Mare bianco di/by Alessandro Renda (sarà presente il regista)
Italia, 53' – Arabo e italiano con sott. Ita /EX/ RBS (replica)

ore 19

Yema e Neka di/by Matteo Valsecchi (sarà presente il regista)
Italia, 30' – Italiano con sott. eng / EX / RBS (replica)

Limbo di/by Matteo Calore, Gustav Hofer
Italia, 56' – Italiano, Inglese e Spagnolo con sott. Ita. / EX / RBS (replica)

ore 21

Umudugudu! Rwanda 20 ans après di/by Giordano Cossu
Italia, 35' – Francese e kinyarwanda con sott Ita / EX (replica)

L'infedele di/by Angelo Loy – Italia, 56'
Italiano, arabo, francese con sott. Ita. / EX / RBS (replica)

MUDEC (Museo delle Culture)

ore 19.30

Transes di/by Ahmed El Maanouni
Marocco, 1981, 87' – Arabo con sott. eng e Ita / AC 19.30
Gruppo di culto in Marocco negli anni ‘70, i Nass El Ghiwane rompono con la musica tradizionale orientale, la trance diventa moderno delirio profano. I Rolling Stones africani, così li ha definiti Scorsese, ispirano figure come Jimi Hendrix, Bob Marley e Robert Plant. Il film è considerato il primo lungometraggio di non fiction di produzione marocchina.

[Maria Coletti]

FCAAAL 2015: Asmarina

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Uno dei veri, piccoli film-evento di questa edizione del venticinquennale, Asmarina di Alan Maglio e Medhin Paolos, è stato presentato in anteprima mondiale al FCAAAL di Milano, dopo essere stato oggetto di un panel nel corso di un convegno di studi postcoloniali all'Università di Padova tenutosi a febbraio. Chiunque pensasse però che si tratti di un lavoro accademico, destinato perlopiù a una platea di dotti cattedratici, è totalmente fuori strada, prova ne sia la folla plaudente di milanesi che si è riversata nelle sale, costringendo gli organizzatori a introdurre una seconda proiezione supplementare, in coda alla prima, e a mandare via decine di spettatori dalla terza, promossa da Naga, nota e meritoria associazione di volontariato di Milano.

Asmarinaè prima di tutto un atto d'amore per una microcomunità, quella degli eritrei di Porta Venezia a Milano, con una memoria visiva che i due autori, attivi anche nella fotografia, hanno trovata fissata in Stranieri a Milano, un bellissimo libro pubblicato nel 1983, opera di Vito Scifo e Lalla Golderer, lungamente intervistati nel film e presenti in sala, gli occhi lucidi, insieme a diverse persone immortalate già nelle foto di Scifo di oltre trent'anni fa. Ma il film rappresenta anche il momento di fondazione di una memoria postcoloniale finalmente condivisa che unisce insieme tre paesi, Eritrea, Etiopia ed Italia e tre generazioni sospese in una sorta di andirivieni, ideale se non fisico, fra un paese d'origine e uno d'accoglienza.
Asmarinaè la migliore dimostrazione di come il cinema del reale possa creare un'esperienza di condivisione non ambigua, profonda e non illusoria, solo al termine di un lungo processo di preparazione e trattamento dei materiali, durato in questo caso due anni. Specie quando la carne della storia e del presente è attraversata da ferite aperte che suscitano umori e risposte contrastanti. Il film riesce infatti a far dialogare miracolosamente le voci dissonanti di una platea molto eterogenea di soggetti.

E sì che i rischi di un'operazione problematica sul piano discorsivo c'erano tutti. Per esempio, quello di scivolare sul terreno di un memorialismo empatico che includesse ex-colonizzatori e ex-colonizzati in un abbraccio ambiguo, tale da far dimenticare le pagine buie di questa storia a due. Basti pensare alla canzone da cui sono partiti Alan e Medhin. Asmarina viene descritta agli autori come una canzone d'amore dedicata alla città da una delle figure chiave del film, Michele Lettiere, anziano figlio del colonialismo italiano in Eritrea, nato da una donna del luogo e da un pugliese mai conosciuto: Michele è vissuto in Eritrea fino a quando nel 1963 Haile Selassie ha annesso la regione, costringendo all'espatrio verso l'ex-madrepatria decine di cittadini meticci come lui; ritrovatosi come altri in un campo, dopo qualche mese è stato congedato con duecentomila lire - che ha speso subito per togliersi lo sfizio di andare a letto con una bianca – e nonostante più di cinquant'anni in Italia si sente eritreo e sogna di ritornare.

Messa immediatamente in rapporto, attraverso la vicenda dolorosa di Michele, con la storia dei meticci e quindi con l'immaginario sonoro delle faccette nere, trainato da varie canzonette del 1935-36 come Morettina e Africanina, la canzone torna ad essere evocata in un'altra sequenza che produce un intrigante cortocircuito transculturale e transcronico, quando vediamo Asmarina interpretata e ritradotta in tigrigno dal cantante eritreo Wedi Shawl (la ripresa è tratta da un concerto del 1989, presente anche su YouTube: https://youtu.be/FQmWogK8LYE) e fatta ascoltare al fidanzato via cellulare da Anita, una delle ragazze di seconda generazione presenti nel film. Insomma, la canzone non solo non ha nulla a che spartire in senso cronologico col corpus canzonettistico della propaganda di regime (essendo stata scritta da Pippo Maugeri nel 1956 – anche se questo in verità il film non lo ricorda),ma è stata largamente riappropriata nel patrimonio popolare etiope ed eritreo, finendo tradotta anche in arabo e in amarico: ricordare tutto questo nel film ha un valore importante perché evoca il carattere non solo stratificato ma anche mobile dell'archivio postcoloniale, come patrimonio di narrazioni il cui significato viene continuamente rinegoziato da (e in funzione del) presente.

C'erano altri rischi in cui il film molto facilmente avrebbe potuto cadere: contribuire a diffondere l'idea che questa storia in fondo riguardi solo persone appartenenti alle prime generazioni di migranti, e quindi tener fuori ventenni e trentenni da questa operazione di ricostruzione memoriale. Ancora, dare ad intendere che riguardi solo migranti eritrei, dimenticando di ascoltare la voce di donne ed uomini venuti dall'Etiopia all'Italia e legati anch'essi da un vincolo storico indissolubile sia con i cugini habesha che con gli ex-colonizzatori. Per non dire della tentazione di dare al lavoro un taglio da reportage televisivo di seconda serata, con voce narrante autorevole e autoritaria, interviste statiche ai testimoni e robuste ma inerti iniezioni di repertorio, alla manière de La Storia siamo noi, per capirci.
Alan e Medhin hanno brillantemente saputo eludere queste trappole, anzitutto integrando in questo viaggio, come anticipato, almeno tre generazioni di donne ed uomini, eritrei, etiopi e italiani (o meglio italo-italiani, meticci e italiani d'Eritrea come la scrittrice Erminia Dell'Oro) e dando al film il registro di una rapsodia pop, in cui la sapiente scelta e imbricazione delle musiche (in cui è difficile non leggere il tocco di Medhin, ex esponente di Fiamma Fumana), a partire dall'acida e dissonante Clip Clap dei titoli, e talune scelte di scrittura (dall'insistenza metadiscorsiva sulle fotografie all'inserimento di passaggi da cinema strutturale, da inserti di film nel film alle riprese fatte da un ragazzino di terza generazione) nuociono gravemente alla salute di una memoria istituzionale e celebrativa.

La storia di Asmarina del resto, e il film lo dimostra abbondantemente, non solo riguarda tutte e tutti ma non è affatto storia chiusa. A tenerla aperta non è solo il necessario lavorio di riappropriazione e passaggio intergenerazionale che viene costantemente evocato ma soprattutto l'attenzione al presente. L'oggi parla attarverso le voci delle ventenni e dei trentenni, in particolare tre ragazze e un giovane arrivato da alcuni anni via mare dall'Eritrea impossibile di Isaias Afewerki. Le prime ci trasmettono l'energia e la speranza che deriva dalla conoscenza della loro storia personale e collettiva – fatta di riti familiari ma anche di narrazioni postcoloniali che parlano di bombardamenti, discriminazioni e deportazioni – ma anche dalla consapevolezza di essere parte di un processo che ha trasformato profondamente l'Eritrea, l'Etiopia e l'Italia stessa e rende possibile piccoli grandi sogni come quello di fare crescere il movimento del calcio femminile in Etiopia.
Dall'altra parte c'è, attraverso la testimonianza del ragazzo passato come migliaia di altri per il deserto e il mare, la distopia di uno dei Paesi più liberticidi al mondo, in cui donne ed uomini vivono in uno stato di perenne mobilitazione militare, sotto la sorveglianza delle spie di regime, costretti a sopravvivere in una nazione che non offre nessun futuro ai giovani, spara alle spalle di quanti continuano a fuggire per disperazione e tiene sotto ricatto persino gli espatriati. È da questa Eritrea che migliaia di ragazze e ragazzi fuggono ogni anno, ritrovandosi per le strade delle capitali d'Europa e d'America per protestare ed è con questo regime che l'Italia e l'Europa tutta stanno negoziando nel quadro di una serie di accordi tesi a consolidare le sciagurate politiche proibizioniste che hanno trasformato il Mediterraneo in un cimitero e il Nordafrica in un'interminabile fascia frontaliera dello spazio Schengen.

Leonardo De Franceschi | FCAAAL 2015

Asmarina
Regia: Alan Maglio e Medhin Paolos; sceneggiatura: Alan Maglio e Medhin Paolos; fotografia: Federico Giammattei e Alan Maglio; montaggio: Walter Marocchi; suono: Aladin; origine: Italia, 2015; formato: HD, colore; durata: 65'; produzione: Alan Maglio e Medhin Paolos; sito ufficiale: asmarinaproject.com/it

I vincitori del 25° Festival del Cinema Africano, d'Asia e America Latina

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CONCORSO LUNGOMETRAGGI “FINESTRE SUL MONDO”

La Giuria composta da Abderrahmane Sissako (Presidente – Regista, candidato all'Oscar 2015 e vincitore di 7 Premi César con il film Timbuktu, Mauritania), Antonella Antonelli (Giornalista, dal 2007 Direttore Responsabile di Marie Claire, Italia), Joan Bardeletti (Fotografo, i suoi lavori sono regolarmente pubblicati su diverse riviste internazionali, è autore di Les Classes Moyennes en Afrique, Francia) Assegna il Premio Comune di Milano - Miglior Lungometraggio Finestre sul mondo (10.000 €) al film
The Storm Makers: Ceux qui amènent la tempête, di Guillaume Suon (Cambogia, Francia – 2014, 66′)
Per la sensibilità e la semplicità con cui racconta tutta l'umanità di un di fronte ad un dramma universale
Consegnano il premio: l'assessore alla Cultura del Comune di Milano Filippo Del Corno e Malika Ayane.

Menzione speciale a:

En la estancia di Carlos Armella
Un film che oscilla con tenerezza tra fiction e documentario, mettendo in primo piano il linguaggio delle emozioni

CONCORSO MIGLIOR FILM AFRICANO

La Giuria composta dai giornalisti Giancarlo Zappoli (direttore responsabile di MYmovies.it, Italia, Presidente), Anna Praderio (cura la pagina di Cinema del TG5, Italia), Simona Spaventa (freelance e collaboratrice di La Repubblica, Italia) assegna il Premio Duomo Viaggi e Turismo – Miglior Lungometraggio Africano (2.000 €) al film

Le Challat de Tunis di Kaouther Ben Hania
(Tunisia, Francia, Canada, Emirati, 2014)
Per la sua grande ironia e per la capacità di far riflettere sulla condizione delle donne nel mondo arabo, sulle violenze e sui pregiudizi di cui sono vittime. Per la forma originale di mockumentary adottata, che caratterizza un debutto alla regia di notevole interesse. Per la sua capacità di essere un cinema sul cinema, in una maniera che è insieme assolutamente credibile e profondamente.

CONCORSO CORTOMETRAGGI AFRICANI

Premio MoneyGram al Miglior Cortometraggio Africano (2.000 €) al film
4 Avril 1968 , Myriam Gharbi, Francia, Guadalupa, 2014
Perché riesce a parlare della lotta per i diritti civili, in un periodo storico molto complicato, attraverso la storia di una bambina e quindi con uno sguardo poeticamente rivolto verso il futuro. Racconto a un tempo poetico e sociale, riesce a essere anche di grande attualità, visto il riaccendersi delle tensioni razziali negli Stati Uniti in questi mesi, e ci ricorda che l'esperienza di Martin Luther King è sempre viva e necessaria.

CONCORSO EXTR'A

Premio Fondazione ACRA-CCS (1.000 €) al film

Looking for Kadija di Francesco G. Raganato, Italia, 2014
Per l'originalità estetica che, contaminando fiction e documentario e mostrando allo spettatore anche ciò che avviene su un set cinematografico, riesce a offrire un ritratto toccante dell'Eritrea di oggi e di ieri e a riportare con efficacia la storia e la ricerca sociale attraverso una pluralità di volti donne. L'eccellente realizzazione descrive, con tocco leggero, ma profondo, la condizione femminile nell'Eritrea odierna, sia urbana che rurale, della quale si scoprono aspetti e realtà insospettabili.

Menzioni speciali all'unanimità a:

Sexy Shopping di Antonio Benedetto e Adam Selo, Italia, 2014

Umudugudu! Rwanda 20 ans après di Giordano Cossu, Italia, 2014
Per il contributo a mantenere viva la necessaria memoria e a sollevare la questione morale su questo ed altri genocidi in luoghi lontani, sotto i riflettori solo nei momenti di massima crisi. Per il coraggio e la forza nel ricordare le pesanti conseguenze sui singoli, soprattutto i colpevoli, in un momento di estrema violenza nel continente africano e in altre parti del mondo.

PREMI SPECIALI

Premio del pubblico Città di Milano:

Letters from Al Yarmouk , Rashid Masharawi, Palestina, 2014

Premio ATALANTA BERGAMASCA CALCIO e UNIGASKET SRL

The Crow's Egg, M. Manikandan, India, 2014

Premio Arnone – Bellavite Pellegrini Foundation

Lazy Susan (Vassoio girevole) , di Stephen Abbott, Sudafrica, 2015
Per l'originalità delle riprese che mettono in scena le usanze del mondo del lavoro nel contesto sud africano, per il tema dell'alienazione dell'individuo e perché secondo noi dice che sono le esperienze negative a insegnare.

Premio CINIT e Premio CEM – Mondialità

The Dream of a Scene di Yasser Shafiey, Egitto, 2014
Per un'intrigante combinazione di meta-film, nella quale la poesia, inattesa e sorprendente, si sviluppa a partire da un impianto in apparenza documentaristico e che invece innesta nella vicenda interrogativi che coinvolgono culture e generazioni: il tutto sospeso tra verità e immagine, tra sostanza e illusione. Per le testimonianze dei due protagonisti principali, i quali con atteggiamenti decisi, motivano fortemente la loro sfida esistenziale con un gesto che accresce a dismisura la loro ricerca di identità.

Premio ISMU

4 avril 1968 (4 aprile 1968) di Myriam Gharbi, Francia, Guadalupa. 2014
Piccolo racconto di formazione. Nel film la grande storia (il 4 aprile del 1968 viene ucciso Martin Luther King a Menphis), appena evocata dalla voce della radio, entra nell'esistenza di una bambina inconsapevole, che la mattina di quella giornata fatale, nella periferia del mondo in cui vive, si perde nel bosco e non arriva a scuola, ma conosce un affascinante guerrigliero delle pantere nere, disponibile a diventare suo mentore. Il racconto convince perché trova un buon equilibrio tra fiaba e storia ed è ricco di spunti di riflessione.

Premio Sunugal

Père, Lotfi Achour, Tunisia, Francia, 2014
Per la semplicità di linguaggio e il modo diretto con cui ha trattato tematiche di attualità nel contesto dei paesi in via di sviluppo come la paternità, le ragazze madri, il diritto dei bambini. L'imprevedibile è sempre all'angolo.

Premio Razzismo Brutta Storia

Sexy Shopping, di Antonio Benedetto e Adam Selo, Italia, 2014
Per l'uso originale della camera che, attraverso un sapiente gioco di sguardi, permette allo spettatore di immedesimarsi nel protagonista; per aver affrontato in modo ironico e incisivo una situazione che riguarda la nostra quotidianità, e per averci raccontato la genialità e la perseveranza di Miah che nella difficoltà ha saputo reinventarsi, la Giuria Il Razzismo è una brutta storia – Spazio Università premia il film Sexy Shopping di Adam Selo. Chi negherebbe di fare fatica a relazionarsi con le molte persone che vendono rose per le strade di Milano? La storia di Miah – venditore ambulante con la Partita Iva, che ha sognato l'Italia e vende gadget a ragazze e ragazzi che sognano l'Australia – ci dà degli strumenti in più per vivere tutti i giorni questi incontri? Forse sì, anche se Miah ci lascia con più domande che risposte. Sicuramente però ci ricorda che non è semplice guardare in faccia, vedere l'umanità e cercare di capire le persone che come noi cercano di costruire per sé e la propria famiglia un futuro migliore (e comprare una bicicletta!). E di quanto sia importante farlo per restare umani.

La Giuria Giovani assegna due MENZIONI SPECIALI a:

Asmarina, di Medhin Paolos & Alan Maglio
Per la capacità di restituire profondità storica e complessità culturale della comunità Eritrea in Italia, creando intimità con lo spettatore e promuovendo i valori di pace e integrazione fra i popoli.

Limbo, di Matteo Calore e Gustav Hofer
Per averci fatto riflettere su come quelle categorie che nella vita quotidiana contribuiscono ad escludere le persone siano frutto di una costruzione sociale ed istituzionale e di come occultino percorsi fatti di rapporti umani, scelte e difficoltà.

Premio SIGNIS (OCIC e UNDA)

Letters from Al Yarmouk, Rashid Masharawi, Palestina, 2014 Per aver reso cinematografico, la drammatica attualità del conflitto siriano. Attraverso il contatto del regista con un giovane fotografo palestinese si avviano in modo originale una serie di considerazioni sull'amore, sull'accoglienza e la solidarietà umana.

Menzione speciale: Per il soggetto e la realizzazione brillante e audace, per aver saputo trattare un argomento così difficile e complicato, come la condizione femminile, in modo leggero e frizzante, senza mai banalizzare il soggetto, la giuria Signis premia Le Challat de Tunis di Khaouter Ben Hania

Premio Lenovo

Medhin Paolos per Asmarina in coregia con Alan Maglio
Il premio consiste in uno Yoga Tablet 2 Pro assegnato al miglior regista emergente che utilizza la tecnologia per raccontare la società interculturale.

Yemane Demissie oggi pomeriggio a Roma Tre

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Lunedì 11 maggio, ore 15-18, presso l'Aula Tre del Dipartimento di Filosofia Comunicazione e Spettacolo-Università Roma Tre, in via Ostiense 234, il regista (Tumult) e associate professor alla NYU Yemane Demissie presenterà un progetto di documentario sulla storia del colonialismo italiano nel Corno d'Africa. Demissie, che è visiting professor presso il Filcospe, proietterà e commenterà in anteprima spezzoni di un documentario di ricerca in corso di realizzazione. All'incontro, coordinato dal prof. David Meghnagi, parteciperanno l'avv. Luciano Sovena, già amministratore delegato dell'istituto Luce e Leonardo De Franceschi, ricercatore del Filcospe e co-direttore di Cinemafrica, in veste di discussant del progetto.
L'iniziativa è stata realizzata nell'ambito di un progetto di collaborazione tra il Master internazionale in didattica della Shoah di Roma tre, il Colloquium internazionale di Roma tre "Tra Occidente e Oriente", il Centro Primo Levi di New York, l'Università di Castel Sant'Angelo dell'UNLA e la New York University.

FCAAAL 2015: Lonbraz Kann (A l'ombre des cannes)

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Dalle Mauritius proviene il terzo lungometraggio africano presentato nella sezione del concorso ufficiale Finestre sul Mondo. Il regista mauriziano David Constantin, già premiato per Made in Mauritius nel 2009 al Festival del Cinema africano, d'Asia e d'America Latina, ha fondato l'associazione Porteurs d'Images che promuove lo sviluppo della cinematografia mauriziana e che organizza dal 2007 il Festival Internazionale di cortometraggi Île Courts.
Con Lonbraz Kann porta sullo schermo la difficile transizione da un mondo agricolo e industriale ad uno in cui il turismo globale tiranneggia senza scrupoli.

La fabbrica di lavorazione della canna da zucchero in cui hanno sempre lavorato Marco, Bisson e Rosario è costretta a chiudere. Al posto dei campi da zucchero verranno costruite ville di lusso per acquirenti stranieri. Disoccupati e impotenti gli operai aspettano un assegno di liquidazione che non arriva mai. Anche le case di Marco e del vecchio Bisson dovranno essere demolite per far posto ad altre ville. In questo panorama desolante il dolore e lo sradicamento si trasformano in follia (finanche omicida). Restano i legami affettivi, l'amicizia profonda e l'incontro con una bellissima donna indiana dai modi sfuggenti. Intorno alla vicenda della fabbrica si dispiega la storia mauriziana in cui convivono da due secoli africani, indiani e cinesi e il cui equilibrio è messo a repentaglio dagli intensi investimenti esteri (francesi e cinesi in primis) che sfruttano il territorio e la popolazione (gli operai cinesi che lavorano alla costruzione delle ville vengono pagati la metà di quanto gli spetta). Alla base di questa gerarchia sociale rimangono comunque gli africani, discendenti degli schiavi portati nell'isola dai colonizzatori francesi.

Lonbraz Kann trascende il puro cinema di impegno sociale per aprirsi a un realismo impalpabile, poetico che presenta elementi surreali. Alle ampie inquadrature di apertura dei campi e delle montagne, segue la presentazione dei personaggi, Bisson il vecchio indiano che compie davanti la sua abitazione un antico rituale indù e Marco che a letto accarezza delicatamente il volto di sua moglie. Una moglie che non c'è più, veniamo a sapere successivamente, ma la cui presenza aleggia in ogni stanza, un personaggio evanescente, fantasmatico che porta con sé il peso dell'assenza. Tutto avviene nel silenzio, in un tempo rarefatto che lascia lo spazio a quadri compositivi perfetti: il campo di canne da zucchero ripreso in totale attraversato da una stradina di terra che Marco e Bisson percorrono in bicicletta e che tornerà nel corso del film. Allo stesso modo la sagoma della montagna all'orizzonte che veste i contorni di una donna si ripresenterà molte volte, simbolo di un legame inscindibile con la terra, donna, che ha nutrito e che è stata nutrita da Marco e Bisson. Il rapporto con la terra come elemento alla base delle relazioni umane è il fil rouge del film. Esemplare a questo proposito è la scena in cui Bisson continua a seminare, il corpo sporco di fango, in mezzo agli operai che tentano di portarlo via.

L'isola di Mauritius è stata, sin dalla sua scoperta, una terra di tutti, una terra meticcia. Africani, indiani condotti nell'isola durante la dominazione inglese (costituiscono ad oggi il 70% della popolazione), cinesi emigrati già alla fine del ‘700. Una commistione di culture che si traduce anche nella lingua, il creolo mauriziano parlato nel film. La pacifica convivenza interculturale si sfalda però man mano che il racconto procede. Devi, la donna di cui si innamora Marco, viene offesa e invitata ad andarsene perché indiana, gli operai che lavorano nel cantiere (e che hanno preso il posto della manovalanza locale) sono cinesi, mentre il proprietario del terreno è francese. La disoccupazione esaspera inevitabilmente le differenze e rischia di far esplodere una guerra tra sfruttati.

Lonbraz Kannè costruito per pause ed ellissi, le quali compromettono la comprensione del racconto. I salti narrativi, soprattutto nella seconda parte, danno l'impressione di un lavoro poco attento più che di una volontà autoriale, come se le suggestioni suscitate dai personaggi e dai luoghi avessero preso il sopravvento sulla linea narrativa. Frettolosamente si arriva alla sequenza finale (evidente omaggio a I quattrocento colpi di Truffaut): dopo aver salutato la propria casa e il fantasma della moglie, i campi e la fabbrica, Marco arriva alla spiaggia, l'oceano davanti a lui e la possibilità di un'altra vita.

Valentina Lupi | FCAAAL 2015

Lonbraz Kann
Regia: David Constantin; sceneggiatura: David Constantin, Sabrina Compeyron; fotografia: Sabine Lancelin; montaggio: Morgane Spacagna; suono: Henri Maïkoff; interpreti: Dany Bhowaneedin, Raj Bumma, Nalini Aubeeluck, Jean Claude Catheya, Jérôme Boulle; origine: Mauritius, Francia, 2014; durata: 88'; produzione: Caméléon Production.
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